mercoledì 28 maggio 2008

La prima volta

Parto da qui. È tempo di fare qualcosa per la mia città. Il clima di tensione e violenza che si respira non può essere assecondato. Ieri sera, a cena, condividevo con alcuni amici le esperienze di vita che ci legano: le nostre famiglie, quanto si fa nel sociale, la costruzione di quei piccoli fatti con i quali quotidianamente ci impegniamo a rendere questa nostra città migliore.
Ma lo spot non si vede, le luci puntano altrove, la ribalta è occupata. Tutto lo spazio è occupato da quelli, come ieri a La Sapienza, si rincorrono e si picchiano, per poi accusarsi reciprocamente degli stessi delitti, lanciandosi l’un l’altro identiche accuse. Ma allora mi vien da dire: ma non è lo stesso? Rossa o nera è la violenza che non deve passare, a La Sapienza come al Pigneto, come a Verona… mai.
Oggi andrò anch’io all’università: si presenta un libro di un grande del nostro tempo, Igino Giordani. Il cristianesimo in politica, con i fatti. Con De Gasperi fu prima tra i costituenti e poi deputato. Padre di quattro figli e autore fecondissimo: i suoi libri sono oggi pubblicati in Europa come in India, Giappone e Cina.
Oggi alle 10:30 alla sala delle lauree della Facoltà di Scienze Politiche. Per respingere la logica della violenza. Io comincio da qui: con l’andarci.

7 commenti:

Berardo ha detto...

Caro Paolo, benvenuto in questo mondo, virtuale ma molto reale nella possibilità di esprimere i valori importanti di quelli che possono rendere questo nostro mondo più vivibile. Il tuo primo post va appunto in questa direzione positiva,concreta che può ridare speranza!
Più siamo ad eprimere valori importanti postivi in direzione della pace e della fratellanza universale e più episodi di violenza come quelli di ieri restano momenti isolati, e speriamo sempre più rari!

Auguri per questa tua avventura!

Ciao.

berardo

Anonimo ha detto...

Benvenuto fratello. E' il luogo dove la rete di ferro si forgia nel modo piu' forte, dove i ricordi che gli altri hanno di te chiedono risposta e chiusura. Altrimenti ci scriveremmo privatamente, no? Come sei arrivato alla visione (che non potrei condividere di piu') della tua citta' passando per la Pantera nel 90? Io c'ero, ma per caso... wuesta esperienza in me richiede chusura. Solo tu puoi farlo, mostrandomi la strada che porta a quanto hai scritto. Con delicatezza, e senza provocazione - te lo assicuro - da parte mia. La toppa nuova non strappi il vestito vecchio. Siamo nell'Arena...entrino le fiere. Bigcitymartin

TheFreeso ha detto...

Grazie Bera per il benvenuto, stai certo che nella direzione positiva siamo almeno due. L’inatteso Bigcitymartin mi stimola in modo notevole… sono ovviamente andato in facoltà stamattina e questo ha fatto riaffiorare in me un sacco di sensazioni che ritenevo ormai superate, dissolte dal tempo. Chi ha frequentato i dintorni della statua della Minerva vent’anni fa, avrebbe, a tornarci ora, un tuffo al cuore: nulla è mutato.
Stessi palazzi, stesse scritte, stesse crepe, le stesse pianticelle che emergono dai vasetti delle piante sui balconi degli impiegati: tutti cristallizzato come nel ’90. La Pantera è passata, se n’è andata chissà in quale altro circo, a far bella mostra di sé, a spaventare col suo aspetto feroce ma, nella sostanza, illusorio perché vuoto. Sì, ecco cosa stupisce: non c’è niente lì. Sotto lo striscione del presidio, uno mangia il gelato, due ragazzi provano a rimorchiare, altri fumano… a vedere la scena sembra identica a quella che sarebbe potuta vedere in un giorno qualsiasi dei primi anni novanta eppure sono passati vent’anni! E il bello è che per attaccare ‘sto striscione si sono pure menati!!!
Per fortuna che non ero andato lì per quello… con un gruppo di docenti di varie università italiane e il preside della facoltà in cattedra, un pubblico eterogeneo ma interessato ha seguito la presentazione dell’opera di Giordani, interessante ma tecnica: possiamo fare di più. Penso che dobbiamo arrivare al cuore della gente per toccare quel tasto, quello che conta, quello che cambia, quello che spinge a rimboccarsi le maniche e a darsi da fare.
Mi hanno detto che ieri sera alla presentazione di “Erano i tempi di guerra” a Milano, con Cacciari e Piero Coda c’erano 700 persone in sala e centinaia fuori che i vigili del fuoco hanno fatto chiudere gli accessi… bene: c’è speranza.

Berardo ha detto...

Caro Paolo, sia dal post che dal commento mi pare di poter dire che hai un talento nello scrivere, ovvero scrivi molto bene!
Complimenti e buon proseguimento! Rimango in attesa del prossimo post, intanto ti linko nel mio modesto blog!
La tua dicitura "maestro" mi commuove, ti ringrazio, il fatto è che sei troppo buono!

Un carissimo saluto.

berardo

Marta ha detto...

Ciao Paolo, è bello saper che c'è qualcuno che vuole rendere visibile l'immagine di un mondo che troppo spesso rimane nascosto. E' la realtà di persone che desiderano sentire storie come quella di Igino Giordani, un politico interessato al bene comune, o come le 700 persone che martedì 27 maggio si sono incontrate nella sala della Provincia di Milano per ascoltare la storia di una donna di nome Chiara Lubich.
Per parlare di Chiara sono intervenuti un teologo, Piero Coda, e un filosofo, Massimo Cacciari. Attraverso il loro dialogo è emersa la rappresentazione di un'umanità che esige sapere qual'è il fine ultimo.
Piero Coda ha raccontato, guarda caso, un episodio della vita di Igino Giordani, quando il parlamentare incontra a Montecitorio Chiara, di quanta forza e voglia di vivere un'amore universale riscontra in Chiara, e quanto proprio questo modo di vivere lo affascina.
Coda ha sottolineato come questa spinta di Chiara le derivi da un'amore a Dio Trinità.
Cacciari ha esaminato il pensiero di Chiara Lubich da un punto di vista filosofico. Ha sottolineato come questa mistica del novecento abbia fondato tutto non sull'identità ma sulla prassi, sull'atto. Ecco che l'amore diventa azione e attenzione al prossimo.
Il filosofo a questo punto ha fatto una precisazione che a parere mio andrebbe lodata; amare può essere soltanto amare il prossimo, l'altro. Il prossimo è quello di cui posso misurare la distanza da me, il prossimo è il massimanente lontano ma che devo amare.
Cacciari si domanda, da buon filosofo, e ci lascia in questa sospensione interrogativa, ma è possibile tutto ciò? o dobbiamo attendere l'intervento della Grazia?
Dopo aver ascoltato queste straordinarie menti siamo nella consapevolezza che qualcuno, Igino e Chiara, hanno vissuto tutta la vita tendendo all'agathon, al bene universale, a qualla luce riassorbente, al luogo dove il plurale si manifesta in tutte le sue differenze, luogo del colloquio in cui finalmente i molti si intendono.
Grazie Paolo per avermi concesso la possibilità di condividere quasta mia esperienza nuova.
Marta

TheFreeso ha detto...

...sono senza parole! Grazie del contributo cara Marta: l'accenno dell'agathon svela un retroterra d'elite che contribuisce a dar lustro a questo blog.
Così come ha contribuito a darci lustro Marco, inviandoci alcune foto che ha scattato durante la presentazione che hai descritto. Le ho inserite in Picasa e si possono trovare nelle foto del blog.

TheFreeso ha detto...

...e già che ci sono collego un video YouTube sulla presentazione di Trento: è robba forte, è RAI!