È qualche giorno che rimugino cose strane… in particolare provo accentuate spinte omicide. Dapprima mi preoccupavo ma poi, con gran sollievo, ho scoperto che sono, per questa mia transitoria pulsione, trendy, di moda.
Come Angelina Jolie, che all’insegna del “cheap&chic” non esiterebbe ad usare le armi che ha in casa (!) per difendere la famiglia, o come il “fantastico Ernesto” (vedi mio post precedente) che sta per lanciare sul palcoscenico mediatico le ronde di quartiere. Come? Ma non c’erano già i padani a fare le ronde? Ennò ragazzi, queste sono “ronde alla vaccinara”: siamo a Roma (al Pigneto, VI Municipio per essere precisi), dobbiamo pure far valere i duemila anni di storia, sò ronde de noantri!
Ma allora mi viene lo sconforto: mi domando in che mondo stiamo vivendo, dove andremo se continua così, che città lasceremo ai nostri figli, e via discorrendo.
E ci mette il carico da quaranta Alberto Ronchey (già direttore de La Stampa, due volte ministro per i Beni culturali, presidente per qualche anno della RCS, ora professore di Sociologia all'Università Ca' Foscari di Venezia, …) col suo velenosissimo editoriale sul Corriere della Sera di oggi nel quale si chiede se, visto ormai che abbiamo raschiato il fondo del barile, non sia ormai impossibile risalire la china. E ne scrive di cotte e di crude…
Mentre leggevo l’articolo ero affacciato al bastione dell’Isola Tiberina che guarda ponte Garibaldi e mi domandavo dove fosse l’ottuagenario professore quando Giorgiana Masi veniva uccisa all’angolo tra il ponte che avevo davanti e Lungotevere Sanzio. Io ero alle medie e i miei ricordi di quel periodo sono persi tra i giochi e il subuteo ma lui…
No professore, non si può scrivere così: non è vero che “si stava meglio quando si stava peggio”! Ricordo la maestra delle elementari urlare con sacro terrore quando, bambini, per gioco disegnavamo la stella a cinque punte sui vetri appannati della classe. Ma ricordo anche gli squadroni dei Carabinieri che cercavano Dozier, come ricordo -e queste invece le ricordo benissimo- lacrime più recenti, quelle versate con alcuni dopo la morte di Carlo Giuliani a Genova. Ma non è vero professore: non è vero che stiamo toccando il fondo. Troppo facile fare catastrofismo e dire che tutto va male.
Solo un quotidiano free press riportava due giorni fa in un trafiletto, che un uomo che non parlava italiano e che viveva sotto un ponte della tangenziale, aveva salvato una famiglia finita fuori strada con la macchina (quattro persone di cui una disabile). Dopo averli tratti fuori d’impiccio, ha fornito loro la sua giacca per proteggersi dal freddo salvo poi dileguarsi all’arrivo della Polizia per evitare noie “burocratiche”. Questa è la notizia da commentare, caro professore: accenda i suoi giornali sulle notizie positive: non aiuterà la Jolie a promuovere il nuovo film, lascerà il primato delle ronde a chi le vorrà, ma infonderà nuova fiducia a chi abita le nostre città.
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1 commento:
Caro Paolo hai proprio ragione:ne abbiamo le scatole piene di gente che fa di questi discorsi disfattisti. Come diceva il buon De Andrè: "danno buoni consigli quando non possono dare più cattivo esempio"!
Io ho fatto una scelta radicale rispetto all'informazione scritta: il mio euro giornaliero non lo avranno più! Certamente è poca cosa, certamente non manderò in crisi queste mega testate però un passo io l'ho fatto:basta con questo modo di dare le notizie, basta far vedere le cose che non vanno senza dare un minimo di spazio a tutto ciò che ogni giorno viene fatto di positivo, a tutti quegli sforzi della gente comune per tentare di costruire un mondo diverso, dove tutti possono vivere e progredire senza discriminazioni distinzioni, violenza ecc. ecc..
E' questo mondo che va fatto conoscere, di tutto il resto lo sappiamo benissimo, le difficoltà le conosciamo perchè le viviamo ogni giorno, che ce parlano a fà? Devono parlarci della speranza, devono parlare del coraggio di affrontare le cose anche difficli, dell'impegno a fare meglio e bene, di questo devono parlarci il resto se lo tengano pure che lo sappiamo bene!
Ciao.
berardo
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